La poesia del vuoto

Elena Mearini, docente di scrittura poetica, ci racconta la tendenza di questo genere capace di scavare dentro ognuno di noi

La poesia oggi deve allenarsi allo smarrimento, perdere riferimenti per accostarsi alla nostra andatura, muovere gli stessi nostri passi, quelli di chi esplora il vuoto ed è di continuo prossimo alla caduta.

Alla parola poetica viene chiesto di abbandonare la propria identità storica e culturale per precipitare nel caotico nulla in divenire. Lo spazio sociale che ci gira attorno soffre di un’irrimediabile vertigine, la politica è ubriacatura costante, il domani poggia su un dubbio che non trova risposta.
Ungaretti scriveva versi mentre impugnava il fucile in trincea, noi arrangiamo parole schivando raffiche di solitudine, ognuno accucciato dentro la buca di una privata incertezza.

Il sacrificio richiesto alla poesia è quello di farsi il più possibile simile a noi, assumere le fragilità che ci riguardano, maneggiare i pezzi rotti e sparsi che siamo, incarnarsi in ciò che resta dell’uomo per ricostruirne l’intero.
Un’operazione che ricalca i processi del ritrovamento archeologico, quello riservato alla poesia odierna. I social media ci propongono un vasto campionario di reperti, resti del nostro esistere quotidiano che permangono in rete divenendo spesso più reali e concreti dei corpi incamminati per le strade, una realtà seconda piena di distorsioni, fratture, fraintendimenti.
Ed è proprio in questo luogo-non luogo che la poesia fa il suo ingresso, entra con il capitombolo di una grazia un po’ goffa e inesperta per incominciare a perdersi nell’allucinazione di tutti.
Come noi, anche lei impazzisce, frantuma la metrica, restringe i versi fino al frammento più estremo oppure li allarga fino a includere in sé la prosa, l’immagine narrata, l’episodio in presa diretta, la cronaca di attimi in cui pare che nulla accada mentre invece tutto incalza e si sbrana.

I poeti che riescono a fare poesia oggi devono cadere, rompersi, rinunciare al pensiero dell’alba per osservare e interrogarsi sulla voragine del presente. L’istante ha bisogno di loro per ritrovare consapevolezza di sé. Rassicura, in tutto questo, il sempre maggiore numero di giovani autori che non nega soccorso agli attimi e si pone in ascolto di essi tentando di tradurne in versi la voce franta. Forse, la condizione contemporanea del vuoto in assalto e del domani ferito risveglia il coraggio disperato della fame, di chi si butta nel fuoco per un pezzo di pane, di chi si ostina alla vita nonostante questa sfugga dalle mani e dagli occhi. Me lo auguro, perché è di questo tipo di coraggio che la poesia ha bisogno, oggi più di sempre, per proseguire la sua santa e randagia processione nel mondo.

Elena Maerini

vive a Milano ed è autrice e docente di scrittura creativa e poesia. Dirige la Piccola accademia di poesia di Morellini editore